Italianità, salutismo e tracciabilità , come sottolineato nell’articolo precedente, sono i driver principali per le categorie food, caratteristiche che coincidono con i principi e il processo produttivo della filiera della frutta secca.
Il 2022 è stato un anno difficile per la frutta secca che ha visto nel 2023 un calo delle importazioni (-18,4% in volume e -16,5% in valore); una crisi che però è stata compensata dalla crescita del prodotto italiano sul mercato, in volumi e areali.
Sono circa 180.000 in Italia gli ettari dedicati alla coltivazione della frutta secca, con una produzione media di circa 220.000 tonnellate – dati che oscillano frequentemente a causa del cambiamento e dell’impatto climatico, anche se le condizioni pedoclimatiche del territorio italiano sembrano essere attualmente prolifiche per la coltivazione di frutta a guscio.
Il successo dei prodotti italiani è ancora parziale poiché si registra «un deficit della produzione nazionale rispetto al fabbisogno interno e ciò spiana la strada all’importazione di ingenti quantitativi di prodotto dall’estero, come avviene ad esempio per le nocciole turche, cilene, georgiane e azere, per i pistacchi di Usa e Iran, per le mandorle di Usa e Spagna, per le noci di Spagna e Usa e per le castagne di Turchia, Portogallo e Spagna». Queste le considerazioni di ISMEA che aggiunge «è necessario non sottovalutare la minaccia insita in un mercato internazionale gestito da grandi player in grado di influenzare il livello del prezzo mondiale».
Lo stesso è riportato dal Sole 24 Ore che, già a maggio 2023, delineava così la situazione del mercato della frutta a guscio: “Negli ultimi anni sta crescendo il valore aggiunto generato dalla filiera italiana della coltivazione della frutta in guscio, ma si tratta di un settore fortemente deficitario dal punto di vista della produzione richiesta dall’industria nazionale e che va ancora valorizzato al meglio. Anche a questo scopo al Macfrut di Rimini è stata presentata la campagna “Dentro c’è l’Italia” a cura di Ismea e del ministero dell’Agricoltura e della Sovranità alimentare.”
Santo Santaniello è dell’opinione che occorra certamente valorizzare l’italianità ma che ogni prodotto debba essere coltivato nel proprio luogo d’origine, così da rispettare le vere qualità organolettiche del frutto, dovute proprio al terreno e al clima, che ne determinano le singole particolarità. I prodotti selezionati di Santo Santaniello rispettano normative e processo produttivo, dove l’italianità sta proprio nell’utilizzo di metodi e macchinari che mantengano inalterate le peculiarità di ciascun frutto.
L’italianità rappresenta dunque il valore aggiunto sia in relazione al prodotto che al metodo di produzione e confezionamento: il futuro della frutta secca si rivela sostenibile e l’obiettivo di realizzare un modello di alimentazione sana e salutare è sempre più raggiungibile.